Abolizione studi di settore, tutte le semplificazioni fiscali per i liberi professionisti

Studi di settore, cosa sono

Con gli studi di settore si è proceduto finora alla valutazione dei guadagni dei contribuenti sulla base di specifiche analisi tecniche ed economiche, che hanno preso in considerazione variabili quali il settore economico e l’attività di appartenenza, la posizione geografica, l’andamento della domanda, la concorrenza. Il contribuente sottoposto allo studio di settore, nel momento in cui dichiara il proprio reddito, deve verificarne la congruità e la coerenza con le stime emerse, ovvero se i ricavi ottenuti sono uguali o superiori a quanto preventivato dall’analisi di settore. Stessa prassi, ovviamente, riguarda i liberi professionisti.

Professionisti, novità fiscali 2016

Con il 2016, per i professionisti con partita Iva le cose potrebbero cambiare. In base a quanto preventivato dall’esecutivo, già a partire dall’anno d’imposta in corso gli studi di settore potrebbero infatti essere aboliti per circa 800mila professionisti con compensi medi dichiarati pari a 75mila euro, e con un reddito di lavoro autonomo pari a circa 42mila euro annui.
L’abolizione degli studi di settore viaggerà di pari passo con una serie di semplificazioni fiscali, a partire dall’accelerazione della fatturazione elettronica e dell’invio di tutti i dati delle fatture sia in entrata che in uscita in formato telematico.

Abolizione degli studi di settore per le partite Iva, le conseguenze

Le direttive sull’abolizione degli studi di settore per i possessori di partita Iva prefigurate dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan e dal suo vice Luigi Casero potrebbero semplificare di molto le procedure per la dichiarazione del reddito. Si pensi allo snellimento, per tecnici quali commercialisti, revisori, avvocati, consulenti del lavoro, geologi ed altri ancora, delle modalità di controllo e predisposizione dei singoli studi di settore da allegare al modello unico.
Applicare lo studio di settore a queste figure professionali, infatti, richiede un incrocio di dati ed informazioni sia contabili che extracontabili complesso ed articolato, per consentire ai risultati di essere congrui e coerenti con le stime dello studio.

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Regime dei minimi 2016, cosa cambia

Nuove disposizioni sono previste anche per quanto riguarda la fiscalità dei possessori di partita Iva. Il vecchio regime dei minimi è infatti stato sostituito, con la legge di stabilità 2016, dal nuovo regime forfettario che favorisce le attività economiche di piccole dimensioni prevedendo una tassazione ridotta al 5%per i primi cinque anni, per chi aderisce al regime nel 2016. Al termine del quinquennio, poi, la tassazione sale al 15%.
Chi sceglie di passare al forfettario avendo aderito al regime dei minimi nel 2015, per di più, potrà usufruire di una tassazione ridotta al 10% per i primi cinque anni di lavoro.

Nuovo regime forfettario 2016, a chi si rivolge

Le categorie di lavoratori che possono aderire al nuovo regime forfettario 2016 sono i dipendenti ed i pensionati con reddito non superiore a 30mila euro, ed i professionisti che ricavano 15mila euro. Potranno continuare ad usufruire del vecchio regime dei minimi coloro che vi erano già inclusi, fino allo scadere del quinquennio o al compimento dei 35 anni d’età.

Regime forfettario 2016, i vantaggi

Anche per gli aderenti al nuovo regime 2016 viene garantito l’esonero da Irap ed Irpef, oltre a quello per le addizionali e l’Iva. Non vi è inoltre l’obbligo di tenere i registri Iva, né di essere sottoposti agli studi di settore.
Di contro, chi aderisce al forfettario 2016 non può dedurre le spese, se non i contributi previdenziali.

Fonti Agenzia delle Entrate, Il Sole 24 Ore

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