Consumi, la crisi del 2013 non si arresta

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Al di là dei consumi obbligati come le assicurazioni, le bollette o i trasporti, le famiglie italiane hanno rinviato le spese considerate non necessarie, persino sui farmaci, dando priorità ai prodotti meno costosi.

I consumi italiani nel 2013

Non si sono salvati dall’intervento di taglio e risparmio delle famiglie italiane beni come abbigliamento, elettrodomestici, calzature e giocattoli – che hanno perso sui tre punti percentuali –, ma anche prodotti farmaceutici e casalinghi. Calo di circa il 4% in un solo anno per i prodotti editoriali (riviste e giornali), mentre i prodotti tecnologici come smartphone e tablet sono rimasti in testa alle classifiche per quantità di acquisti.
Per la sezione alimentare si è registrato un calo non troppo preoccupante, a fronte dei 20 miliardi di spesa già tagliati in cinque anni dalle famiglie italiane. I discount l’hanno fatta da padrone, con un +1.8% di consumi. Ma sui prodotti comprati, il menù è stato totalmente stravolto: pollo o tacchino anziché manzo e, al posto di torte fresche di pasticceria o di brioche da acquistare al bar, l’acquisto di ingredienti singoli per preparare dolci in casa, o semplicemente di prodotti industriali da scaldare.

Numeri e cause della crisi dei consumi 2013

Secondo l’associazione delle catene commerciali (Federdistribuzione) dal 1991 all’anno scorso la percentuale di consumi obbligati delle famiglie è passata dal 33.5 al 47.2%, le vendite al dettaglio (alimentari e non) dal 38 al 22%, e i consumi relativi ad alberghi, viaggi, benessere e spettacoli dal 27.6 al 30.4%. Un allineamento, quella dei consumi nel 2013, che il direttore dell’ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella ha dichiarato essere “tra i peggiori della storia repubblicana”. Ad aggravare la situazione, secondo Bella, sarà poi la pressione fiscale, che si prevede rimarrà fissa al 44.2% anche nel 2014.

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Il futuro dei consumi

E’ sempre Bella a suggerire una “revisione dei trattati europei non per fare nuovo debito, ma per rilanciare gli investimenti produttivi e dare fiato agli enti locali”. Una via di uscita dalla stretta sui consumi che si deve scontrare con una previsione per l’anno in corso ancora segnata dalla crisi. L’ultimo rapporto Coop stima una contrazione dello 0.5% nel settore alimentare e del 6% per il no food. Cifre che, sommate a quelle 2012, ingigantiscono la montagna facendo arrivare il settore food al -3.2%, e quello non alimentare al -6.3%.
Per l’immediato futuro, insomma, nessun segnale di ripresa. A discapito della qualità e della sicurezza dei consumi per tutti i cittadini italiani.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore