Detraibilità degli scontrini, perché non viene ancora applicata

[custom_frame_center shadow=”on”]Scontrini detraibili[/custom_frame_center]

Stornare parte della spesa per incentivare il rilascio di fattura, ricevuta o scontrino. E’ questa l’idea ispiratrice che dovrebbe favorire il contrasto d’interessi tra utente ed operatore economico. Nonostante alcune disposizioni in materia siano già in vigore, l’applicazione della detraibilità degli scontrini è resa difficoltosa da una serie di ostacoli e rischi.

Nessun guadagno per lo stato

I primi fattori negativi che deriverebbero dagli scontrini detraibili riguardano non solo la difficoltà, da parte delle entrate, di gestire una serie di controlli superiore alla media, ma anche – e soprattutto – il rischio che l’operazione comporti una perdita, e non un guadagno, per l’erario. Lo storno si applicherebbe tanto agli acquisti in nero quanto a quelli già fatturati, i quali potrebbero però annullare i vantaggi sugli incassi sugli acquisti non regolarmente registrati. La riduzione di gettito per l’erario è un timore che è stato sollevato recentemente anche dalla banca d’Italia. A dare man forte a queste remore sono state addirittura alcune stime governative, secondo le quali con una detraibilità del 20% lo stato guadagnerebbe se il nero emerso fosse pari all’80% delle vendite documentate. Probabilità poco usuale, visto che l’evasione, nonostante la sua diffusione, non arriva a toccare una soglia simile.

La necessità di un aggiornamento

L’ulteriore svantaggio che rende difficoltosa l’applicabilità degli scontrini detraibili riguarda la genericità delle informazioni – tra l’altro poco aggiornate – sui settori a maggior rischio di evasione. Una situazione del genere rende complicata l’individuazione e la selezione delle aree verso cui puntare la misura, la stima del volume delle spese che potrebbero emergere, e la valutazione preventiva della sostenibilità dell’intera operazione.

Necessità di regole più precise

Qualora si riuscisse infine ad identificare un settore specifico, l’intoppo può arrivare a livello di regolamentazione. Le norme statali in questo senso non sono sempre chiare e stabili nel tempo. Basti pensare alle cinque proroghe in sette anni per la detrazione sul risparmio energetico, o ai bonus mobili, per i quali è stato prima introdotto, poi cancellato, e adesso ripristinato il limite in base al quale la spesa per gli arredi non può superare quella per i lavori edilizi.

Le disposizioni già in vigore

In relazione al contrasto di interessi, comunque, in Italia non mancano disposizioni già in vigore, per un vantaggio all’erario che si aggira intorno ai 7 miliardi di euro. Si tratta non solo di detrazioni e deduzioni, ma anche di misure quali le aliquote ridotte – come l’Iva al 10% sui lavori edili – e le imposte sostitutive – come la cedolare secca sugli affitti.
In riferimento alle detrazioni, alcune obbligano al pagamento con bonifico, come ad esempio i bonus per le ristrutturazioni ed il risparmio energetico. Altre, tuttavia, richiedono solo uno scontrino parlante col codice fiscale del cliente. Fra tutte, la detrazione del 19% sulle spese di iscrizione dei figli in piscina o in palestra, o quella su spese medico-sanitarie, utilizzata ogni anno da più di 15 milioni di contribuenti.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore