Governo Letta: incassata la fiducia, l’esecutivo ribadisce i punti dell’agenda economica

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Enrico Letta, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Con una crisi di governo che – almeno per ora – sembra scongiurata, a fronte della fiducia incassata sia alla Camera (con 435 sì e 162 no) che al Senato (con 235 voti favorevoli e 70 contrari), l’esecutivo capitanato dal premier Enrico Letta si appresta a riprendere le redini di un’agenda economica delicata e con tanti nodi da sciogliere. Poche le certezze, molto il lavoro da fare. Di sicuro, la priorità data alla crescita e alla legge di stabilità.

Crescita economicaUna ‘road map’ all’insegna della riduzione del debito pubblico e della legge di stabilità Quello dell’esecutivo targato Letta, alla luce di quanto dichiarato dallo stesso premier in Parlamento per ottenere la fiducia, sarà un governo improntato su due tempi di ripresa. Il primo, immediato, e votato a far rientrare il rapporto deficit/Pil sotto il tetto del 3% e a riattivare la macchina della crescita economica, sarà rappresentato da una manovra correttiva di 1.6 miliardi, che potrebbe essere accompagnata dal rifinanziamento per 265 milioni delle missioni internazionali di pace, dai 200 milioni per l’emergenza immigrazione, e da un ulteriore finanziamento della cassa integrazione in deroga per 330 milioni, e (forse) della social card per 35 milioni. Le coperture necessarie richiederanno la messa in opera di tagli di spesa semilineari già individuati nella bozza del decreto Iva, pari a poco più di 400 milioni, dai quali saranno esentati istruzione, università, ricerca, il fondo per lo sviluppo e la coesione, e le opere per l’Expo 2015 di Milano. A favorire il centramento dell’obiettivo della ‘manovrina di rientro’ dovrebbe poi esserci la potenziale entrata di un miliardo, più volte annunciata da Saccomanni, con la dismissione di una quota del patrimonio immobiliare dello stato. Strategica per Letta anche la questione delle partecipazioni in società sia locali che nazionali, che dovrà contribuire all’abbattimento del debito pubblico.
A seguito della manovra correttiva, il governo si concentrerà sulla seconda importante azione decisiva per l’economia italiana, la legge di stabilità, che dovrebbe garantire tra gli 8 e i 9 miliardi utili per la riduzione del cuneo fiscale (a cui potrebbe essere destinata la metà delle risorse disponibili), per la service tax, per l’allentamento del patto di stabilità per i comuni, e per il lavoro.

Cuneo fiscaleLa struttura della legge di stabilità “Cuore” della legge di stabilità, che per la prima volta andrà presentata contestualmente alle Camere e all’ Europa, sarà “una riduzione del carico fiscale sul costo del lavoro in entrambe le componenti: quella a carico del datore di lavoro e quella a carico del lavoro”. Oltre alle parole del premier Letta, a dare concretezza alle opzioni in ballo per sostanziare l’ex finanziaria ci pensano le ipotesi avanzate dal ministro del lavoro Enrico Giovannini, che parla di un mix di interventi da diluire in tre anni. Interventi mirati prevalentemente a sostenere lavoratori e imprese, non solo grazie alla riduzione del carico fiscale e contributivo ma anche, ad esempio, grazie alla detassazione degli investimenti, e all’ azione contemporanea su sgravi fiscali per i lavoratori, deduzioni Irap, premi Inail e, appunto, il sostegno alle imprese che investono. Ruolo importante giocheranno il rafforzamento dell’Aiuto alla Crescita Economica (Ace), i nuovi incentivi per le start up innovative e le piccole e medie imprese (che, come ha dichiarato Letta dopo aver assicurato la prosecuzione degli interventi di rilancio alle politiche industriali nell’ ultimo trimestre dell’ anno e nel 2014, sono il “cuore del nostro sistema economico e imprenditoriale”), nonché i bonus per le assunzioni a tempo indeterminato. Non mancheranno anche interventi per aiutare le famiglie povere, in primis quelle con figli minori. Per reperire le risorse necessarie, sembrano almeno tre le strade percorribili, secondo quanto dichiarato dal sottosegretario all’ economia Pier Paolo Baretta: la rimodulazione delle agevolazioni fiscali, i contributi alle imprese, e la spending review, che nel 2013 si è concentrata su tagli semilineari sulla base dei singoli provvedimenti d’urgenza in grado di produrre 1.7 miliardi, e per la quale, fino al 2015, si prevede un intervento massiccio di riduzione e riqualificazione, sempre con tagli semilineari, da affidare ad un nuovo commissario, Carlo Cottarelli, già direttore del dipartimento affari fiscali del fondo monetario internazionale. Al centro della legge di stabilità saranno posti anche gli enti locali, con la revisione del patto di stabilità interno (per cui si prevede sia un intervento selettivo con la riduzione dei vincoli per voci come il dissesto idrogeologico o la manutenzione degli immobili, sia un allentamento generalizzato che consenta direttamente ai sindaci di decidere come e dove indirizzare le risorse) e la service tax, in cui confluiranno la tassa sugli immobili e la Tares, l’imposta sui rifiuti e i servizi indivisibili dei comuni. Lo stesso Letta ha individuato la data di partenza per la service tax al 1 gennaio 2014, insieme alla revisione delle aliquote Iva: “L’introduzione della service tax permetterà di accrescere la responsabilità fiscale dei comuni, secondo un principio molto elementare: ‘vedo-pago-voto’”, ha confermato il premier. Il presidente del consiglio ha anche assicurato che sarà completato il processo per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese, ricordando che fino al 2 ottobre sono arrivati alle aziende 12 miliardi, “con un’accelerazione di settimana in settimana”. Per il sud, sono stati confermati gli investimenti già previsti, ovvero fino a 95 miliardi in tre anni attraverso “l’obiettivo Mezzogiorno” inserito nel nuovo piano industriale della cassa depositi e prestiti.

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“Abbiamo un’agenda ambiziosa per il 2014, sulla rotta Italia-Europa – ha concluso Letta – Penso all’ attuazione della garanzia giovani a partire da gennaio, con il lavoro necessario sui centri per l’impiego, e al piano per l’edilizia scolastica con la banca europea per gli investimenti. Sono politiche pubbliche italiane ed europee che valgono oltre 2 miliardi”.

ImuLe sorti di Iva e Imu “Non c’è niente da fare” per l’aumento dell’Iva, secondo quanto ha dichiarato il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni durante il voto di fiducia a palazzo Madama. Frase che non lascia dubbi sul fatto che non ci sarà un recupero dello stop all’aumento della tassa sui consumi. Lo stesso Enrico Letta, del resto, nel suo discorso alle Camere non ha fatto riferimento alla sterilizzazione dell’Iva, citando solo la revisione delle aliquote che scatterà dal 2014, né alla definitiva cancellazione della rata Imu di dicembre. Per quest’ultima, è altamente probabile che l’esecutivo Letta, dando priorità ad altri provvedimenti, procederà per gradi. In primis, le commissioni bilancio e finanze riprenderanno l’esame del decreto che cancella l’acconto di giugno sull’abitazione principale (ad eccezione delle case di lusso). Ci sarà poi da decidere per l’abolizione del saldo di dicembre. Per cancellarlo, sono necessari altri 2.3 miliardi, la cui difficile reperibilità potrebbe aprire la strada alla proposta di Pd e Scelta Civica di far pagare il saldo ad una fetta più ampia di immobili di pregio (circa il 5-10% del totale) e ridurre l’esborso della cancellazione della seconda rata a 1-1.5 miliardi. Un’Imu rimodulata, anziché del tutto cancellata, potrebbe portare nelle casse del fisco 700 milioni.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore