Pensione anticipata, cosa c’è da sapere

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Come si calcola la pensione: l’aliquota e l’anzianità contributiva

Prima di parlare di pensione anticipata, è bene fare chiarezza su alcuni concetti chiave inerenti il mondo pensionistico. Il primo riguarda il mezzo che determina il finanziamento annuo destinato ai programmi previdenziali Inps, ovvero l’aliquota contributiva, rappresentata dall’applicazione di una specifica percentuale alla retribuzione pensionabile. Il valore complessivo di questa percentuale è stabilito sommando tutte le aliquote previste per le varie prestazioni, da quelle pensionistiche a quelle di invalidità, dalla malattia alla cassa integrazione guadagni. L’aliquota è poi influenzata dal tipo di lavoro svolto (se subordinato, autonomo, a progetto, ecc.), dall’attività dell’azienda (industriale, commerciale), dalle sue dimensioni (se ha più o meno di 15 o 50 dipendenti), dalla sua natura giuridica (se si tratta di società di capitale, di persone, ecc.), e dalla qualifica del lavoratore (se è un dirigente, un operaio, un apprendista o un impiegato). Senza dimenticare che l’effettivo versamento è influenzato dagli eventuali benefici contributivi stabiliti e dalle prestazioni anticipate per conto dell’Inps.

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Altro concetto imprescindibile, quando si parla di pensione, è quello dell’anzianità, ovvero il periodo di contribuzione utile per aver diritto ad una prestazione previdenziale. La cosiddetta pensione di vecchiaia può essere erogata dall’Inps ai lavoratori che, da questo punto di vista, abbiano alle spalle almeno 20 anni di anzianità contributiva (15 per chi possedeva tale anzianità al 31 dicembre 1992). L’anzianità, di 5 anni – dei quali almeno 3 nel quinquennio antecedente la presentazione di domanda di prestazione –, vale anche per l’assegno di invalidità e inabilità.

Come avviene il versamento della pensione

Il versamento dei contributi previsti cambia di anno in anno, poiché annuale è l’aggiornamento di elementi influenti come i minimali e i massimali, o la prima fascia di retribuzione pensionabile prevista dall’Inps. Si diversifica anche a seconda del tipo di lavoro svolto. Se va fatto direttamente in prima persona dai lavoratori autonomi, l’operazione spetta al datore di lavoro per i dipendenti, che si vedono trattenere in busta paga la quota a loro carico. L’aliquota media complessiva richiesta dall’Inps, in questo caso, è pari a circa il 33% della retribuzione pensionabile (di cui il 9% a carico dei lavoratori). In tale valore non sono inclusi l’accantonamento annuo del trattamento di fine rapporto (circa il 7%) e tutte le prestazioni stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro e dagli eventuali regolamenti aziendali. Per chi è iscritto ad altre forme di previdenza, dal 2014 è previsto un incremento dell’aliquota contributiva dal 20 al 22%, aumento che va registrato anche per i co.co.pro., che verseranno il 28.72% contro il  27.72% del 2013. Restano fermi al 27.72% i versamenti per i titolari di partita iva.

Le nuove disposizioni sulla pensione anticipata

La riforma delle pensioni del 2011 ha eliminato la pensione che si poteva richiedere al conseguimento di un’età minima e con almeno 35-36 anni di contributi. A permanere è rimasta invece la possibilità di andare in pensione anticipatamente, ovvero a prescindere dall’età anagrafica, e da quest’anno per chi ha raggiunto più di 40 anni di contributi. E’ infatti una disposizione recente quella che, dal 2014, permetterà di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro alle donne, qualora abbiano maturato un’anzianità contributiva di 41 anni e sei mesi, e agli uomini, se ne avranno conseguita una pari a 42 anni e sei mesi. Un ulteriore aumento dei requisiti contributivi scatterà poi dal 2016, sia per gli uomini che per le donne, in funzione della speranza di vita.

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Il lavoratore iscritto all’Inps dall’1 gennaio 1996 ha un ulteriore asso nella manica per andare in pensione in anticipo a prescindere dall’anzianità anagrafica. Contro la speranza di vita prevista nei 63 anni e tre mesi, tale tipologia può infatti uscire a 63 anni a fronte di un versamento contributivo effettivo (obbligatorio e volontario) di almeno 20 anni, e a condizione che l’assegno sia almeno 2.8 volte quello sociale.

La penalizzazione

All’interno del capitolo sulla pensione anticipata, la riforma prevedeva una penalizzazione, per chi la percepisce con il metodo retributivo prima di 62 anni di età. Secondo tale norma, dal 2018 le anzianità contributive maturate fino al 31 dicembre 2011 dovrebbero subire un taglio del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 60 anni, e dell’1% per ogni anno prima dei 62. In pratica, chi andasse in pensione anticipata a 59 anni, si vedrebbe decurtare il 4% sulle anzianità contributive maturate entro il 2011. Ma nuove modifiche al testo hanno introdotto il blocco di questa disposizione, fino al 31 dicembre 2017, a condizione che l’anzianità contributiva derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, inclusi i periodi di astensione obbligatoria per maternità, obblighi di leva, infortunio, malattia, e cassa integrazione ordinaria.

Pensione anticipata per le donne

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Un paragrafo a parte, nella riforma delle pensioni, è dedicato alla possibilità per le donne, fino al 31 dicembre 2015, di andare in pensione anticipata a patto di scegliere un assegno contributivo, ovvero influenzato da speranza di vita ed età di pensionamento, e che viene pagato non il mese successivo alla maturazione dei requisiti ma dopo un anno (per le dipendenti) e 18 mesi (per le autonome). Il requisito anagrafico utile per sfruttare questo canale è, per le donne che lavorano come dipendenti, pari a 57 anni, mentre è di 58 anni per le autonome. Per entrambe le categorie lavorative, il requisito di anzianità contributiva è stabile sui 35 anni.

Come ribadito dall’Inps, l’opzione è aperta fino al 31 dicembre 2015 a patto che a questa data siano perfezionati i requisiti anagrafici e contributivi e siano trascorsi anche i 12 o i 18 mesi previsti per la decorrenza della pensione. Le donne che vorranno optare per questa possibilità, dunque, dovranno sceglierla entro novembre 2014 (se sono dipendenti) ed entro maggio di quest’anno (se sono autonome).

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore