Pensioni, cosa è cambiato dal 1996 ad oggi

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Per le pensioni il futuro non si prospetta roseo. Secondo la ricostruzione fatta dal settimanale Panorama sui dati elaborati da Uil pensionati, i cambiamenti che hanno subito i meccanismi di indicizzazione delle pensioni negli ultimi 18 anni non sono incoraggianti. Soprattutto per le pensioni medie e medio-alte, che nel lungo periodo hanno visto decrescere il loro valore. Un rischio che oggi, con le nuove disposizioni presenti nella legge di stabilità, permane ancora per tutto il 2014.

Indicizzazione piena solo per pensioni basse

Interpretando i dati raccolti dalla Uil pensionati, due sono i risultati che saltano all’occhio. Il primo è relativo all’adeguamento al 100% del costo della vita sulla base dei dati Istat (la cosiddetta indicizzazione delle pensioni), che da 17 anni a questa parte riguarda esclusivamente le quote di pensioni più basse, mentre è solo parziale l’indicizzazione che tocca le quote di pensioni superiori. Se ad esempio nel 1996 l’indicizzazione piena spettava alla quota di pensione fino a 2 volte il trattamento minimo (massimo 1.252.900 lire lorde mensili), quella al 90% alla quota di pensione tra 2 e 3 volte il trattamento minimo (da 1.252.950 a 1.879.350 lire lorde mensili), e quella al 75% alla quota di pensione superiore a 3 volte (da 1.879.400 lire lorde mensili), negli anni successivi il trend è rimasto più o meno invariato. L’indicizzazione al 100% solo sulla quota di pensione fino a 2 volte il trattamento minimo si mantiene dal 1996 al 2000, per spostarsi poi dal 2001 al 2008 su quella fino a 3 volte il trattamento minimo. Dal 2008 al 2010 la quota di pensione coperta integralmente dall’inflazione si amplia, raggiungendo quella fino a 5 volte il trattamento minimo. Terminato il triennio, nel 2011 si torna alla situazione del 2007, con l’indicizzazione al 100% sulla quota di pensione fino a 3 volte il trattamento minimo. Adeguamento che rimane invariato anche per il biennio 2012-2013 e che, come si evince dalla legge di stabilità, non muterà nemmeno per il 2014.

Blocco della perequazione

Il secondo dato rilevante emerso dalla tabella Uil pensionati riguarda il blocco, in taluni anni, della cosiddetta perequazione delle pensioni, ovvero l’aumento che spetterebbe a tutte le quote, sia private che del settore pubblico, per adeguarne l’importo all’inflazione. Le pensioni più colpite da questo punto di vista sono state ancora una volta le medio-basse, le medie e le medio-alte. Il primo intervento restrittivo si è avuto nel ‘98, a carico delle pensioni di importo superiore a 5 volte il trattamento minimo. Negli anni a seguire, il pendolo delle pensioni non ha smesso di oscillare: si è passati dall’introduzione di una quarta fascia di perequazione per la quota di pensione compresa tra 5 e 8 volte il minimo nel triennio 1999-2001, con una parallela esclusione dall’aumento della quota superiore a 8 volte, al ripristino di quest’ultima manovra dal 2001 al 2007. Il 2008 è stato l’anno del ritorno al blocco per le pensioni di importo superiore a 8 volte il minimo, finché la manovra ‘salva Italia’ del governo Monti non ha bloccato la perequazione anche per le pensioni d’importo superiore a 3 volte il minimo per gli anni 2012 e 2013. La sorte per il 2014, scritta nella legge di stabilità, vedrà dimezzato l’adeguamento al tasso di inflazione per le pensioni superiori a 5 volte il minimo (tra 2.500 e 3.000 euro), mentre le pensioni di importo superiore a 6 volte il minimo (cioè oltre 3.000 euro) non riceveranno alcuna rivalutazione.

Cosa è successo realmente

Chi nel 1995 percepiva una pensione mensile di 5 milioni di lire lordi, fino ad oggi ha perso 43mila euro. Considerando il blocco totale dell’adeguamento al costo della vita negli anni successivi, lo stesso pensionato ha perso, tre anni dopo, 1.2 milioni di lire, e negli anni 2012 e 2013 4.120 euro complessivi. In proporzione a tutte le altre fasce di reddito, il discorso non cambia. Di fatto, il vantaggio delle manovre che si sono succedute negli ultimi 17 anni è andato prevalentemente alle pensioni superiori ai 3mila euro lordi, rappresentate oggi da 861mila pensionati, ovvero il 5.1% del totale secondo i dati Istat 2011. Una goccia nel mare, visto che per il 44% i pensionati percepiscono al di sotto dei 1.000 euro lordi.

Simona Di Michele

Fonti Panorama