Pensioni, si finisce prima di lavorare ma l’assegno si riduce

Pensioni, la riforma secondo Renzi

Dalla prossima legge di stabilità, prevista in autunno, sul tema delle pensioni si prospetta l’[textmarker color=”C24000″]uscita anticipata dal lavoro[/textmarker] con un [textmarker color=”C24000″]assegno pensionistico ridotto[/textmarker] – in teoria – tra il 20 ed il 30%. La formula della flessibilità in uscita che intende concretizzare Renzi, dunque, permetterà di andare in pensione a 61 o 62 anni, e non più a 66 come stabilisce la [textmarker color=”C24000″]riforma Fornero[/textmarker]. Una manovra i cui dettagli tecnici sono ancora tutti da perfezionare, per evitare un salasso in termini di costi ed una riduzione troppo drastica degli assegni dell’Inps.

Flessibilità in uscita sulla pensione, di quanto si ridurrebbe l’assegno

Le variabili da considerare per garantire a chi andrà in pensione un minimo di flessibilità in uscita senza incidere eccessivamente sul bilancio sono tante.
La paventata riduzione dell’assegno del 20-30%, per dirne una, deve fare i conti anche con la penalizzazione in fase di studio che si vorrebbe applicare sulla parte della pensione calcolata con il sistema retributivo (quello che considera lo stipendio come parametro di calcolo), e con la riduzione già insita, nei casi di uscita anticipata, nel sistema contributivo (collegato ai contributi versati). La perdita sull’assegno pensionistico, prese in considerazione queste due variabili, sarebbe di un ulteriore 12% circa.
Senza contare che dal 2016 entreranno in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione capaci di abbassare ancor di più l’importo delle pensioni contributive, in virtù dell’aumento della speranza di vita di altri quattro mesi.

Le ipotesi del governo

Cinque, per il momento, sembrerebbero essere le ipotesi al vaglio dell’esecutivo per applicare la flessibilità sulle pensioni.
Se la prima rischia di essere incostituzionale perché riguarda la possibilità di [textmarker color=”C24000″]estendere il sistema contributivo[/textmarker] anche alla parte retributiva della pensione, la seconda potrebbe diventare troppo costosa (tra i 7 e gli 8 miliardi di euro) visto che ipotizza un’[textmarker color=”C24000″]uscita dal lavoro tra i 62 ed i 70 anni[/textmarker] e con almeno [textmarker color=”C24000″]trentacinque anni di contributi versati[/textmarker] alle spalle.
La terza ipotesi guarda alla pensione anticipata solo [textmarker color=”C24000″]per le donne[/textmarker] lavoratrici con 57 anni e 3 mesi di età, trentacinque anni di contributi, e tutta la pensione calcolata con il sistema contributivo. La penultima idea, invece, intende far andare in pensione chi, sommando età anagrafica ed anni di contributi versati, raggiunge [textmarker color=”C24000″]quota 100[/textmarker]. Ultima ipotesi – per il momento – concerne infine la possibilità per chi è a due o tre anni dalla pensione di andarci ed ottenere un [textmarker color=”C24000″]prestito di circa 700 euro[/textmarker] da restituire in piccole rate.

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Rimborsi sulle pensioni

Sulla questione dei rimborsi, pensati una tantum per compensare il blocco della rivalutazione deciso dal governo Monti nel 2012, il decreto legge sulle pensioni approvato pochi giorni fa dal consiglio dei ministri garantirà dall’1 agosto un sussidio una tantum pari [textmarker color=”C24000″]mediamente [/textmarker]a 500 euro netti. Ne beneficeranno i 3.7 milioni di pensionati con assegni sotto i 3mila euro lordi.
In percentuale, i rimborsi previsti saranno di circa il 40% per chi percepisce 1-2mila euro lordi di pensione, del 20% per la fascia dai 2mila ai 2.500 euro lordi, e del 10% per quella fino a 3mila euro lordi. Oltre tale soglia – che coinvolge circa 650mila pensionati – non si riceverà nulla.

Bonus pensioni, quanto si percepirà

Volendo fare un esempio concreto di quanto varrà il bonus una tantum sulle pensioni, se si percepiscono 1.700 euro lordi di pensione si otterranno 750 euro, con 2.200 euro lordi se ne avranno 450, mentre con 2.700 euro di pensione lordi il sussidio netto sarà di 278 euro. In base allo stesso decreto legge da poco approvato, inoltre, dall’1 giugno i pensionati potranno incassare il loro assegno pensionistico ogni primo giorno del mese.

Rivalutazione delle pensioni secondo Renzi

Le stesse fasce di pensione soggette al rimborso una tantum saranno poi rivalutate dal 2016, consentendo così ai pensionati coinvolti di ricevere non solo il sussidio spot ma anche un aumento permanente degli assegni, differenziato in base alla soglia di pensione percepita e, ovviamente, al costo della vita.
Nello specifico, il governo Renzi ha deciso che dall’anno prossimo chi guadagna 1.700 euro lordi di pensione avrà 180 euro di rivalutazione l’anno, ovvero 15 euro al mese. Per gli assegni da 2.200 euro lordi ci saranno 99 euro l’anno, ovvero 8 euro al mese, mentre per quelli da 2.700 saranno 60 gli euro all’anno, cioè 5 euro al mese.

Fonti Il Sole 24 Ore, Milano Finanza, Repubblica

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