Riforma delle pensioni, previsti tagli per il triennio 2014-2016

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Un alleggerimento di almeno il 5% degli assegni, che secondo le stime Cgil corrisponderà a circa 2.3 miliardi di euro nel triennio. Ammontano a queste cifre le perdite che si prospettano ai pensionati italiani alla luce delle disposizioni contenute in materia nella legge di stabilità. Legge che, diversamente dal decreto ‘salva Italia’ di fine 2011, riconosce l’adeguamento pieno all’inflazione alle pensioni superiori a 3 volte il minimo Inps. Ma i due anni persi non saranno recuperati, e i nuovi meccanismi di indicizzazione determineranno perdite non indifferenti per buona parte dei contribuenti.

[custom_frame_left shadow=”on”] Come sono cambiate le pensioni[/custom_frame_left]

Le nuove disposizioni

Fino al 2011, gli aumenti erano in misura piena per gli importi fino a 3 volte il trattamento minimo, ridotti al 90% per quelli compresi tra 3 e 5 volte l’importo minimo, e pari al 75% per quelli superiori a tale soglia. Dal 2014, invece, l’adeguamento al costo della vita sarà riconosciuto ai pensionati con importo non superiore a 5 volte il trattamento minimo (ovvero 2.405 euro lordi al mese nel 2013). Nello specifico, la rivalutazione piena verrà riconosciuta alle pensioni fino a 3 volte l’importo minimo, agli assegni di importo tra 3 e 4 volte il trattamento minimo spetterà l’adeguamento al 90%, mentre sarà del 75% per quelli di importo superiore a 4 volte e pari o inferiore a 5 volte il predetto trattamento. Oltre questa soglia, gli assegni subiranno una rivalutazione del 50% dell’inflazione. Infine, solamente per l’anno che verrà, la perequazione non sarà riconosciuta alle fasce di importo superiore a 6 volte il trattamento minimo.

I cambiamenti dal 2011 al 2016

I pensionati che a fine 2011 percepivano una pensione non superiore a 1.405,05 euro lordi mensili (e sono il 68.29%), hanno avuto la rivalutazione piena. Per loro, l’adeguamento riconosciuto, relativo al biennio 2011-2013, è andato oltre il 5.70%. Chi beneficiava di una pensione appena superiore a 3 volte il trattamento minimo, invece, ha perso nello stesso biennio 2011-2013 oltre mille euro (poco più del 5%). A fine 2016, questa fascia di pensionati otterrà il 5.50% di rivalutazione, mentre prima del decreto legge 2011 avrebbero sfiorato l’11% nello stesso periodo. Per le pensioni superiori a 4 volte l’importo minimo (ovvero 1.924 euro nel 2013), l’adeguamento nell’arco temporale 2011-2016 è inferiore (pari al 4.50%). In questo caso il decreto ‘salva Italia’ è costato oltre il 5%. La rivalutazione che subiranno le pensioni superiori a 5 volte l’importo minimo sarà invece del 3% nel periodo 2011-2016. Questi pensionati, nel biennio 2012-2013, hanno perso più di 2mila euro. Arrivano a poco più di 800mila (4.84% sul totale) i pensionati che nel 2014 non avranno infine alcun adeguamento all’inflazione perché destinatari di un assegno superiore a 6 volte l’importo del trattamento minimo. A fine 2016, la differenza tra la normativa vigente a fine 2011 e quella prevista dall’attuale legge di stabilità comporterà una perdita di quasi 2mila euro annui.

[custom_frame_left shadow=”on”] Tagli alle pensioni[/custom_frame_left]

I numeri della Confesercenti

La Confesercenti ha calcolato per il 2014 “una riduzione del reddito disponibile di quasi 300 euro per i livelli di pensione più diffusi”. Una stima ottenuta sulla base di tre parametri: la modifica al sistema di aumenti delle pensioni prevista per il triennio, l’esclusione dei pensionati dall’incremento della detrazione Irpef concessa ai lavoratori dipendenti, e l’impatto della Tasi, la nuova imposta collegata all’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Per il primo criterio, è di nuovo il raffronto tra il sistema precedente alle manovre 2012-2013 e quello introdotto con la legge di stabilità 2014 a dare la misura delle perdite. Come già detto, se prima l’adeguamento pieno all’inflazione riguardava tutte le pensioni fino a 3 volte il trattamento minimo e scendeva al 90% per gli importi fra 3 e 5 volte il minimo e al 75% oltre 5 volte il minimo, con le attuali disposizioni, fermo restando l’adeguamento al 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo, si scende al 90% per i trattamenti fra 3 e 4 volte, al 75% per gli importi compresi fra 4 e 5 volte e si dimezzano della metà quelli superiori a 6 volte. Con l’aggiunta che per il 2014 verrà esclusa ogni rivalutazione. La diversità di trattamento sulle detrazioni Irpef dei pensionati rispetto ai lavoratori dipendenti, secondo le stime Confesercenti, comporterà un’ulteriore penalizzazione di 182 euro l’anno. Per la Tasi, poi, anche per il pensionato proprietario potrebbe pesare il prelievo con aliquota massima al 2.5 per mille. Un pensionato con un lordo di 18.200, uno con un lordo di 29.900 e un terzo con un lordo di 45.500 euro l’anno sono dunque esposti agli stessi rischi: mancata indicizzazione (per una perdita che può andare da zero a 219 euro), mancato introito per l’esclusione delle detrazioni Irpef (per un danno da 167 a 43 euro), e pagamento della Tasi per un massimo di 127 euro, se si prende ad esempio una rendita catastale di 600 euro e un’aliquota dell’1.5 per mille – che non è ancora la soglia massima consentita ai comuni. Di fatto, il primo pensionato ci rimette 294 euro, il secondo 253, e 389 il terzo.

I numeri della Cgil

Anche il sindacato pensionati italiani della Cgil addita i nuovi meccanismi di indicizzazione degli assegni pensionistici come la causa dei peggiori effetti sul portafoglio dei contribuenti, stimando 615 euro in meno nel corso del triennio 2014-2016 per cinque milioni di persone. Nel 2014 la perdita sarà mediamente di 172 euro, nel 2015 di 217 euro e nel 2016 di 226 euro. Secondo la Cgil,per la fascia da 3 a 4 volte la soglia minima la perdita sarà meno consistente (26 euro nel 2014, 39 euro nel 2015 e 45 euro nel 2016). Per quella che va da 4 a 5 volte la soglia minima sarà di 78 euro per il 2014, di 116 euro nel 2015 e di 123 euro nel 2016.Da 5 a 6 volte la soglia minima, sarà di 182 euro nel 2014, di 309 euro nel 2015 e di 319 euro nel 2016. Ancora, per le pensioni d’importo superiore a 6 volte il trattamento minimo (sopra i 3mila euro lordi), per cui l’indicizzazione sarà bloccata per il 2014, non solo si stima una perdita di 403 euro per questo anno, ma una svalutazione del potere d’acquisto anche dopo il ripristino dell’indicizzazione, con una perdita di 404 euro nel 2015 e di 417 euro nel 2016.Il taglio alle pensioni complessivo, secondo la Cgil, sarà di circa 2.3 miliardi di euro nel triennio.

[custom_frame_left shadow=”on”] Inps[/custom_frame_left]

Interventi di salvaguardia della riforma previdenziale

In positivo, almeno sulla carta, sembrano essere i conti che la legge di stabilità ha fatto in merito alle manovre per il welfare. Nel decreto sono infatti previsti 250 milioni per il rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze per il 2014, un incremento di 20 milioni per ciascun anno nel biennio 2015-2016 per il fondo nazionale dei minori stranieri non accompagnati, e ulteriori 100 milioni per il finanziamento nel 2014 delle disposizioni per i lavori socialmente utili, l’integrazione salariale e la formazione professionale. Anche la cosiddetta social card o carta acquisti, sfruttabile sia dai cittadini italiani che da quelli stranieri comunitari o con regolare permesso di soggiorno, riceverà dallo stato una ricarica di 80 euro ogni due mesi per consentire di pagare le utenze domestiche, comprare alimenti e medicine al genitore di minori di tre anni o agli anziani dai 65 in su con un Isee inferiore ai 6.700 euro l’anno. Rifinanziato poi con 5 milioni il fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti. Infine, la legge di stabilità ha confermato il blocco dell’aumento dell’Iva dal 4% al 10% per una serie di prestazioni sociosanitarie di grande impatto finanziario e di notevole rilievo sociale che, se non fosse stato approvato, avrebbe pesato non poco sui bilanci delle cooperative sociali e delle onlus.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore, Il Messaggero, Leggioggi