Tre mesi di tempo per sperimentare il simulatore on line sul sito dell’Inps e permettere anche ai lavoratori italiani di ricevere ogni anno la cosiddetta busta arancione, contenente i dati sul loro futuro assegno pensionistico. E’ quanto previsto da un progetto, ancora tutto da verificare, avallato dal ministro del lavoro Enrico Giovannini e concepito sulla trasmissione a due canali: la lettera cartacea ed il simulatore telematico dell’Inps.
Inps telematico e busta arancione
Il software che Inps e ministero del lavoro stanno testando in questi giorni sarà lo strumento chiave, tanto per i giovani agli inizi del loro percorso professionale quanto per i lavoratori in procinto di andare in pensione, tramite il quale non solo si potrà conoscere il valore in percentuale di quanto si incasserà rispetto all’ultimo stipendio (informazione inserita anche nella busta arancione cartacea), sulla base di parametri quali l’ammontare dei contributi versati, il livello retributivo atteso, o l’età in cui si lascerà il lavoro. Con il simulatore on line sarà infatti possibile ottenere risultati ancor più complessi sul proprio futuro pensionistico inserendo semplicemente variabili differenti, magari prevedendo di fare carriera e dunque di guadagnare di più, o per capire cosa cambierebbe se si lavorasse per più anni del dovuto. In ogni caso, il risultato fornito andrà considerato solo come probabile, un valore su cui il lavoratore stesso avrà modo di agire, ad esempio aderendo a forme di previdenza complementare.
[custom_frame_left shadow=”on”] [/custom_frame_left]Costi e tempi d’avvio del progetto
Prima che il programma venga definitivamente diffuso tra i cittadini italiani, è prevista una campagna informativa che agevoli i fruitori ad interpretare nel modo corretto i dati del software e della lettera. Nel frattempo, poiché l’invio della busta arancione ai 25 milioni di lavoratori italiani richiederebbe all’erario circa 40 milioni di euro, il ministero del lavoro e l’Inps cercheranno anche di trovare un sistema per ridurre i costi del progetto.
Dossier Cottarelli
Il mondo pensionistico, oltre alla busta arancione, potrebbe essere oggetto di ulteriori rinnovamenti a partire dal pacchetto di spending review con cui il commissario straordinario Carlo Cottarelli intende apportare alcune modifiche al sistema previdenziale. Quest’ultimo, attualmente, è una spesa considerata tra le più alte in Italia rispetto agli altri paesi avanzati.
Il dossier Cottarelli dovrebbe essere abbozzato a fine febbraio. Nel mirino del team di esperti formato dal commissario in seno al ministero del lavoro saranno le pensioni d’oro e d’argento, ovvero gli assegni medio-alti calcolati sulla base dello stipendio e non solo dei contributi versati, le pensioni di reversibilità in relazione al passaggio al contributivo, ed il meccanismo di cumulo tra più trattamenti previdenziali e altri redditi da lavoro. Sul tavolo arriverà, tra gli altri, anche il dossier relativo al pubblico impiego, per il quale è previsto l’abbandono dell’attuale suddivisione per comparti e l’utilizzo di un contratto unico che agevoli la mobilità del personale.
A partire dalle proposte di questo gruppo di lavoro, oltre a quelle delle altre ventiquattro squadre formate da Cottarelli, si ipotizzeranno – al più tardi a inizio marzo – tagli selettivi di spesa che dovranno poi essere valutati dall’esecutivo. Obiettivo finale: arrivare, nel 2016, a dimezzare i 32 miliardi di risparmi pari a 2 punti di pil.
Pensione anticipata
Al dossier Cottarelli va inoltre affiancata l’analisi, già portata avanti dai tecnici del ministero del lavoro, con cui si intende affrontare la questione della pensione anticipata per i lavoratori vicini all’uscita che hanno prematuramente perso il posto. Un simile intervento, tramite cui, con un anticipo di due o tre anni, potrebbe venir riconosciuta la pensione maturata a chi è rimasto senza lavoro né ammortizzatori sociali e abbia almeno 62 anni d’età e 35 di contributi, potrebbe interessare tra i 10 ed i 15mila ex lavoratori nel 2014. Tali nuovi pensionati dovrebbero poi restituire all’Inps l’anticipo ottenuto attraverso piccole decurtazioni dall’assegno.
Secondo lo schema fondante (il cosiddetto prestito pensionistico, un meccanismo volontario valido solo per i lavoratori del settore privato), un lavoratore a cui manchino due anni alla pensione avrebbe l’opportunità di lasciare anticipatamente il lavoro e, pur non andando in pensione, di incassare un assegno pari ad una certa percentuale del suo stipendio (pagato dall’Inps con l’eventuale contributo dell’azienda). Una volta maturati i requisiti per la pensione, quello stesso lavoratore potrebbe poi incominciare ad incassare l’assegno previdenziale dal quale verrebbe sottratta una cifra (probabilmente del valore tra il 10 e il 15%) utile a restituire il prestito ottenuto nei due anni precedenti.
Il progetto, ambizioso visti gli alti costi richiesti, è al momento al vaglio congiunto di ministero dell’economia e ragioneria generale dello stato. Successivamente al lavoro tecnico, il risultato ottenuto verrà illustrato alle parti sociali, a cominciare da Confindustria, per sondare l’interesse delle imprese.
Mozioni contro le pensioni d’oro
Una revisione del sistema previdenziale in tema di pensioni d’oro è fortemente voluta anche in seno alla Camera, dove sono state esposte ben sette mozioni contro uno dei retaggi del vecchio sistema retributivo. Il comun denominatore degli interventi di Montecitorio è stata soprattutto la proposta di riattivare lo strumento del prelievo di solidarietà sui trattamenti più alti, in modo da finanziare interventi di sostegno per i pensionati ‘minimi’.
Sulla stessa linea si sono assestate le due mozioni del M5S e dei Fratelli d’Italia, che hanno chiesto di fissare un tetto massimo ai trattamenti erogati con il sistema retributivo. Una richiesta, quella di identificare confini certi e invalicabili, fatta propria anche dalla Lega Nord, che ha individuato un massimo di 5mila euro netti mensili per le pensioni calcolate con metodo retributivo, e un tetto di 8mila euro mensili per chi può far affidamento sul cumulo tra più pensioni a metodo retributivo. Se il Pd ha richiesto la creazione di fondi interni agli enti previdenziali da alimentare con contributi proporzionali al trattamento pensionistico (su pensioni superiori a 12 volte il minimo Inps), il Ncd ha sollecitato il governo a promuovere strumenti di solidarietà agendo o sul metodo di calcolo o sull’età di accesso alla pensione.
L’esecutivo, sulle pensioni d’oro, ha già risposto in parte con la legge di stabilità, reintroducendo il contributo di solidarietà per le pensioni elevate (6% per la parte eccedente i 90mila euro l’anno; 12% per la parte eccedente i 128mila euro; 18% per la parte eccedente i 193mila euro annui), ed il divieto di cumulo tra pensione e stipendio da incarico pubblico sopra i 300mila euro l’anno. Strumenti, quelli del governo, che molti non considerano sufficienti. Sel, ad esempio, ha chiesto di rivedere il contributo di solidarietà introducendo altre aliquote progressive per tutti i redditi al di sopra dei 75mila euro l’anno, compresi quelli che derivano da pensioni d’oro. Infine Scelta civica ha chiesto di procedere, per tutte le pensioni over 60mila euro annui, ad un ricalcolo “della parte delle rendite previdenziali privilegiate che non corrisponde alla contribuzione effettivamente versata”, e di sperimentare una trattenuta, basata su aliquote progressive, sul valore di scarto tra la pensione liquidata e quella percepita se il suo calcolo avvenisse con metodo contributivo.
Simona Di Michele
Fonti Il Sole 24 Ore, Il Messaggero