Con il Trise, secondo le stime di Confcommercio, rischiamo di pagare nel 2014 2.4 miliardi in più rispetto all’Imu 2013. Lo spettro degli aumenti fiscali, specie per le abitazioni principali di valore non molto elevato, continua ad accompagnare le nuove misure introdotte con la legge di stabilità e pronte ad essere discusse in parlamento. A mettere più paura, il tetto massimo al 2.5 per mille imposto per il 2014 all’aliquota della tassa sui servizi indivisibili, la Tasi, che rimescola le carte degli effetti più o meno positivi dell’Imu rispetto al nuovo tributo.
Primo rischio: abitazioni principali di valore modesto pagano la Tasi ad aliquota standard
La ‘vecchia’ imposta municipale, che nel 2013 è ormai sempre più certo non verrà pagata su abitazioni principali non di lusso, prevedeva detrazioni di 200 euro e di altri 50 per ogni figlio convivente under 26. Nel 2014, con la Tasi, non sono previsti sconti. Inoltre, l’aliquota del nuovo tributo, calcolata sullo stesso valore catastale dell’Imu, partirà dall’1 per mille ma potrà scendere o salire a discrezione del comune, fermo restando il tetto massimo del 2.5 per mille. Questo significa che, mentre per una prima casa con 75mila euro di valore catastale l’Imu ad aliquota standard (4 per mille) si azzerava con la detrazione base, con la Tasi all’1 per mille si pagheranno 75 euro. Un costo che, se il comune decide di aumentare l’aliquota (e può farlo appunto fino al 2.5 per mille) risulta ancora maggiorato. Se per una prima casa con rendita di 100mila euro l’Imu al 4 per mille nel 2012 avrebbe richiesto 200 euro, a cui si potevano sottrarre altri 50 euro per ogni figlio convivente under 26, la Tasi può arrivare a chiederne 250 con l’aliquota del 2.5 per mille.
Secondo rischio: aumenti fiscali sulla prima casa per sopperire agli altri immobili
La Tasi sostituisce l’Imu per la prima casa, ma va ad integrare l’imposizione sulle altre tipologie immobiliari (le seconde e terze case, ma anche le prime case dove non si risiede). Per tutti questi immobili, di fatto la Tasi si aggiunge all’Imu e alla Tari (la tassa sui rifiuti), con la solita aliquota standard dell’1 per mille e la possibilità di salire, ma senza sforare la somma di Imu più Tasi. Il rischio, in questo caso, è dato in quei comuni come Milano, Roma, Napoli dove si applica già l’aliquota massima per l’Imu, e dunque per rispettare il nuovo tetto l’Imu dovrebbe scendere di un punto per fare spazio all’aliquota ordinaria della nuova Tasi. In uno scenario simile, dove il conto per il contribuente non cambierebbe e il comune non avrebbe leva fiscale da azionare sugli altri immobili, il rischio di aumenti fiscali sulla prima casa si farebbe più alto.
Simona Di Michele
Fonti Il Sole 24 Ore, Europa Quotidiano