Tasi, quanto costa in più rispetto all’Imu

Tasi, ecco l’aliquota media per il saldo

Entro il 16 dicembre prossimo, nei comuni che fanno capoluogo, i proprietari degli immobili diversi dalla prima casa dovranno pagare la Tasi con un’aliquota media più alta del 10 per mille. Le abitazioni principali, poi, subiranno un salasso medio di più del doppio dell’aliquota fissata dalla legge (ovvero l’1 per mille), toccando quota 2.6 per mille. A confermarlo, i dati del caf Acli sulle aliquote finali decise da 100 comuni italiani.

Tasi in numeri

Per gli immobili diversi dalla prima casa, la doppia stangata di Imu e Tasi ha fatto sì che i costi sul mattone lievitassero per il terzo anno consecutivo dopo l’abbandono dell’Ici.
Se una casa in affitto a Roma comporterà l’esborso di 2.012 euro rispetto ai 772 dell’epoca dell’Ici, un negozio di Milano dovrà versare 1.069 euro per tutto il 2014 per Imu e Tasi insieme, a fronte dei 290 pagati nel 2011.

Prima casa, il prezzo di Tasi e Imu

L’abitazione principale, in 71 capoluoghi su 100, soffrirà più per l’attuale Tasi che per l’Imu del 2012.
Se in alcune città con rendite catastali mediamente basse (come Asti, Crotone o Enna) la prima casa si è ritrovata oggi a dover pagare una tassa (la Tasi, appunto) da cui nel 2012 era esente perché le detrazioni fisse dell’Imu svincolavano dal pagamento dell’imposta municipale, in quelle dove l’Imu era comunque dovuta il rincaro rispetto al 2012 è ancor più evidente. L’odierna Tasi, infatti, ha moltiplicato il conto [textmarker color=”C24000″]da tre a sei volte[/textmarker].

Tasi, le tipologie di immobili penalizzate

Rispetto all’epoca dell’Imu, le case più sofferenti sono attualmente quelle con rendita catastale più bassa, mentre sconti più significativi sembrano appannaggio esclusivo degli immobili accatastati come di lusso. Un paradosso che è stato evitato solo nelle città dove le detrazioni sono state spalmate su tutti i contribuenti che ne avevano bisogno, come Roma e Torino.

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Vendere casa per evitare il peso fiscale della Tasi

Non sono pochi gli escamotage utilizzati nelle varie città italiane per svicolare dal pagamento delle tasse sul mattone. Uno, proveniente dal centro storico di Caltanissetta, si basa sulla (s)vendita della seconda o terza casa. Si tratta per lo più di fabbricati non affittati, non facilmente demolibili né ricostruibili. Pur di eludere la Tasi, capita sempre più spesso che ci si fa pagare solo le spese di trasferimento.

Tasi e riaccatastamento

Secondo il fisco, tra il 2012 ed il 2013 sono aumentati del 12.4% gli [textmarker color=”C24000″]immobili riaccatastati[/textmarker] nella categoria collabenti (ovvero F2). In questa classe senza rendita catastale rientrano edifici diroccati e capannoni in disuso che, se non sono veri e propri ruderi e se il comune decide di non tassare l’area edificabile, possono sfuggire al saldo Imu e Tasi.

Inagibilità e ridistribuzione dei diritti reali

Altre due sono le strade che potrebbero permettere ai proprietari di saltare il fosso delle imposte sul mattone. La prima riguarda il riconoscimento dell’inagibilità, che dimezzerebbe la base imponibile Imu e Tasi. La scelta presuppone però che l’edificio in oggetto sia capace di superare le severe norme locali sull’inagibilità.
Il secondo sistema è quello di ridistribuire i diritti reali in famiglia. Si potrebbe ad esempio far diventare prima casa a tutti gli effetti un immobile già prestato al proprio figlio, intestandolo definitivamente a lui.

Fonti Il Sole 24 Ore

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