Conti pubblici 2013: probabile stop all’aumento dell’Iva, ma la priorità rimane l’aggiustamento di bilancio

Coperture, i nodi da sciogliere - grafico del Corriere della Sera

Coperture, i nodi da sciogliere – grafico del Corriere della Sera

Delicato e spinoso il compito del prossimo consiglio dei ministri, chiamato a sbrogliare la matassa della questione economica italiana incagliatasi tra lo spauracchio dell’aumento dell’Iva dal 1 ottobre 2013 e la ricerca delle coperture necessarie ad evitare una pericolosa ricaduta nella procedura di infrazione per deficit eccessivo. Una riunione, quella in programma questo pomeriggio, che si prospetta ricca di punti all’ordine del giorno, i quali, durante la settimana appena trascorsa, sono stati oggetto di non pochi confronti tecnici e politici.

I numeri sul tavolo dei ministri Il decreto legge di correzione dei conti pubblici che dovrà essere varato in riunione straordinaria dal consiglio dei ministri dovrà contenere tra i 3 e i 3.5 miliardi di euro, da ripartire in 1.6 miliardi per abbassare la soglia del rapporto deficit/Pil al di sotto del 3%, 1 miliardo per congelare fino a fine 2013 l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, 4-500 milioni per rifinanziare le missioni militari internazionali, e non si esclude un rifinanziamento di altri 3-400 milioni per gli ultimi mesi del 2013 della Cig in deroga. Liquidità che – ed è questo il punto su cui il ministero dell’economia sta lavorando di concerto con l’esecutivo – sarà possibile mettere in campo solo nel caso di coperture certe e identificabili.

Il sottosegretario all'economia Pier Paolo Baretta

Il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta

La priorità del governo La conditio sine qua non, tanto per il ministero dell’economia e delle finanze quanto per il premier Enrico Letta, rimane l’intervento correttivo per rientrare sotto il tetto del 3% nel rapporto deficit-Pil. Come ha sottolineato il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta,“prima dobbiamo rientrare nel 3%, poi in ordine cronologico ci sarà il resto: l’Iva, le dismissioni e l’Imu, che viene per ultima”. Obiettivo, quello del raggiungimento del 3%, perseguibile attraverso “tagli alla spesa”, secondo quanto dichiarato da Letta, a cui ha fatto eco Baretta: “Bisogna trovare 1.5-1.6 miliardi e soluzioni strutturali che convincano l’Europa. Se dovesse ripartire la procedura di infrazione per deficit eccessivo saremmo veramente in ginocchio”.
L’Iva secondo  Fabrizio Saccomanni Se la settimana scorsa il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni aveva fatto esplodere la bagarre politica paventando le dimissioni qualora non fosse aumentata l’Iva (suscitando, tra gli altri, la pronta risposta del capogruppo alla Camera Renato Brunetta il quale aveva apertamente dichiarato che“se l’Iva aumenta il governo non esiste più”), lo stesso ministro si è trovato a confermare, ai microfoni di ‘Otto e mezzo’, che si sta lavorando affinché venga trovato il miliardo “per evitare l’aumento Iva fino a dicembre”.

Il ministro dell'economia Fabrizio Saccomanni

Il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni

Ferma restando la necessità di pareggiare il bilancio, dunque, il ministro dell’economia è dovuto scendere a compromessi con la realpolitik. Non negando tuttavia che “le opzioni non sono semplici né indolori. Richiedono scelte da parte delle forze politiche”. Rafforzamento del processo di spending review, tagli lineari alla spesa – con probabile esclusione di scuola e università – ma soprattutto il ritocco di circa 4 centesimi alle accise sulla benzina (che, secondo fonti del settore, darebbe un gettito di 1.5 miliardi) saranno alcuni tra i rimedi per ottenere parte delle coperture del nuovo decreto.
Il nodo Imu Per la questione Imu, il nodo da sciogliere pare ancor più insidioso. Anzitutto, parte delle coperture del provvedimento che ha cancellato la prima rata sono ancora più incerte dopo la decisione di restituire ai comuni i due miliardi richiesti la scorsa settimana dal presidente dell’Anci Piero Fassino. Il ministro per gli affari regionali Graziano Delrio ha infatti garantito che “verranno erogati 2.3 miliardi di euro come rimborso della prima rata Imu” mentre “6.7 miliardi andranno nel fondo di solidarietà e 120 milioni verranno riconosciuti come costi aggiuntivi”. Secondo i dati raccolti dall’agenzia Adnkronos, a Roma dovrebbero così spettare 290 milioni di euro, a Torino 85 milioni, a Milano circa 73 milioni, e a Napoli circa 35 milioni. Per il rimborso della seconda rata, Delrio ha confermato che “il rimborso si farà, però terremo conto soltanto dei comuni che al momento hanno già deliberato gli aumenti delle aliquote” e ha aggiunto che per gli aumenti più recenti delle aliquote “bisognerà ragionare”.
Intorno alla ricerca di fondi per coprire la seconda rata dell’Imu di quest’anno (pari a 2.5 miliardi), gravitano poi altre opzioni: l’ipotesi di rimandare la decisione di cancellarla, preferendo ripiegare su un intervento selettivo, e quella di anticipare a dicembre la service tax (il che vuol dire pagare l’Imu di dicembre, poiché la service tax non è che la fusione tra Tares e Imu). Per il primo caso, il viceministro dell’economia Stefano Fassina ha proposto il pagamento dell’Imu per il 10% delle prime case di maggior valore.

Il viceministro dell'economia Stefano Fassina

Il viceministro dell’economia Stefano Fassina

In tal modo “recuperiamo due miliardi di euro. Un miliardo lo utilizziamo per rinviare l’aumento dell’Iva, un miliardo lo dedichiamo alla deducibilità dell’Imu per i beni strumentali delle imprese, i capannoni, i negozi, le botteghe degli artigiani”. La seconda alternativa, che frutterebbe quasi 3 miliardi e compenserebbe abbondantemente i 2.3 miliardi di gettito previsti dalla seconda rata dell’Imu prima casa in scadenza il 16 dicembre, è stata smentita dalle parole dello stesso Saccomanni: “La nuova tassa arriverà nel 2014. Ho sempre pensato che la nostra azione si doveva articolare in due fasi: quella congiunturale, in cui bisognava dare segnali forti, e quella strutturale con la riforma dell’Iva e dell’Imu. Penso che la legge di stabilità sarà la sede in cui dobbiamo capire che cosa ci resta da fare”. Ulteriore speranza del ministro è quella di “poter fare qualche privatizzazione di immobili del demanio entro la fine dell’anno”. Una strada utile per coprire la seconda rata della tassa sulla casa. Le ipotesi sull’Imu, ad ogni modo, non risultano molto gradite al Pdl, il quale non sembra avere intenzione di rinegoziare l’accordo sull’azzeramento delle rate 2013 (ad esclusione degli immobili di lusso, castelli e ville).
Confindustria e parti sociali: no priorità a Iva e Imu “Siamo non preoccupati, preoccupatissimi per la stabilità, perché riteniamo che questo sia l’unico governo possibile in questo momento”.

Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi

Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi

Per il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, l’aumento o il congelamento dell’Iva “non è la cosa prioritaria. Le cose da fare sono tantissime ma è meglio concentrarsi sui problemi dell’economia. Da tempo stiamo chiedendo ad alta voce, con tutte le nostre forze un intervento deciso sul cuneo fiscale e il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Questo darebbe una spinta maggiore all’economia”. Le stime del fondo monetario circa una ripresa dell’economia italiana nel 2014 sono per Squinzi “l’eventualità più probabile. Purtroppo usciamo da un 2013 ancora negativo e faremo più fatica ad uscire da una recessione che per noi dura da tanto tempo”. Agire in fretta e facendo le mosse giuste, dunque. A partire dalla riduzione del costo del lavoro in riferimento all’Irap, e dal taglio del cuneo fiscale. Insieme al pagamento tempestivo dei debiti della pubblica amministrazione: “Purtroppo non è che lo Stato si sia fatto prendere dal furore di pagare i debiti. E’ iniziato un processo ma gli ultimi dati disponibili parlano di una quindicina di miliardi di pagamenti. Sui 90-100 stimati non sono un passo in avanti clamoroso”. Squinzi si è rivolto anche agli istituti di credito: “Il denaro e i servizi forniti dalle banche dobbiamo considerarli una materia prima e le banche dovrebbero anche loro lavorare in quest’ottica”. Per il presidente di Confindustria, di fatto, il dibattito su Iva e Imu sono argomenti da “campagna elettorale, non per far ripartire il paese”.

I leader di Cgil (Susanna Camusso), Cisl (Raffaele Bonanni) e Uil (Luigi Angeletti)

I leader di Cgil (Susanna Camusso), Cisl (Raffaele Bonanni) e Uil (Luigi Angeletti)

Anche le parti sociali hanno fatto sentire la loro voce. Secondo il leader Cgil Susanna Camusso, la priorità va data a ridistribuzione del reddito e riduzione delle tasse sul lavoro e sulle pensioni. Se la legge di stabilità non darà risposte in questo senso “non si potrà che procedere con la mobilitazione unitaria”. Le richieste concordate da sindacati e Confindustria sono del resto fondate su questi presupposti: alleggerire il carico fiscale su lavoro e imprese, riducendo il prelievo (con detrazioni) sui redditi di lavoratori e pensionati da un lato, ed eliminando la componente lavoro dalla base imponibile Irap dall’altro. Da tempo le confederazioni hanno chiesto un tavolo di confronto che per il momento non è mai stato avviato. Per Camusso “nessun meccanismo che ragioni di Iva e Imu raggiunge l’obiettivo” di ridistribuire il reddito e ridurre la tassazione su lavoratori dipendenti e pensionati, considerato invece “il punto dirimente”. Raffaele Bonanni, Cisl, ribadisce che la sua confederazione è pronta al dialogo con palazzo Chigi, ma ammonisce: “Il sindacato si mobiliterà per favorire la stabilità politica e per far ripartire l’economia attraverso un taglio drastico delle tasse per lavoratori, pensionati e imprese che investono”. “Non resteremo a guardare” avverte anche Luigi Angeletti, Uil.

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Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

Confcommercio dice no all’aumento dell’Iva A richiedere “al governo e alla politica tutta un supplemento di impegno e responsabilità per evitare l’aumento dell’Iva, perché oggi è più che mai necessario sostenere con ogni mezzo la domanda interna che è e rimane la vera priorità della nostra economia” è la Confcommercio, guidata da Carlo Sangalli, secondo cui “gli effetti recessivi e depressivi dell’eventuale aumento dell’Iva sono ormai certi: è già successo nel drammatico anno 2012 dopo l’incremento dell’aliquota standard dal 20 al 21% del settembre 2011”. Per Confcommercio “è altrettanto evidente che le risorse necessarie si possono e si devono trovare attraverso un atteggiamento più coraggioso e determinato nel taglio della spesa pubblica che ancora oggi è molto timido. In una situazione in cui si registrano i primi timidi segnali di ripresa, per il momento solo annunciata, aumentare l’Iva significherebbe penalizzare ulteriormente la capacità di consumo delle famiglie, stremate da una crisi senza precedenti, e, soprattutto, incidere negativamente sul clima di fiducia”.

 

 

Simona Di Michele

 

Fonti Il Sole 24 Ore, Huffington Post, Tm News, Forexinfo, Investireoggi.it, La Stampa, Il Corriere della Sera, AGI.it, La Repubblica.it, Il Tempo.it