Compensi avvocati, ecco quanto costano con le nuove tariffe

Le direttive del decreto

Secondo i parametri da poco confermati con il decreto 55/2014, il compenso degli avvocati varierà con aumenti che possono arrivare fino all’80% e riduzioni che possono toccare il 50%. Il discrimine è dato da natura, durata, complessità, e valore dell’affare. Quando un avvocato difende più clienti, il compenso unico previsto può essere del 20% fino a dieci soggetti, purché questi ultimi si trovino nella stessa posizione processuale.
A determinare il valore della controversia è il codice di procedura civile. Laddove però una controversia non sia determinabile tramite i criteri stabiliti, il suo valore viene considerato non inferiore ai 26mila euro e non superiore ai 260mila. Se poi la causa dal valore indeterminabile risulti di particolare importanza, il suo valore rientra entro lo scaglione dei 520mila euro.

La storia del decreto

Il decreto di recente pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, dopo un periodo di vuoto legislativo, uno dove le direttive confermavano la possibilità di pattuire compensi anche in deroga alle tariffe, e l’ultimo che ha visto abrogare le tariffe professionali in funzione della legge 27/2012, riprende le fila del decreto 140/2012, col quale si erano introdotti per la prima volta i parametri del giudice a sostituzione delle tariffe. Con l’attuale decreto 55/2014 la garanzia della libertà contrattuale delle parti fa il paio con l’adeguamento economico dei parametri stabiliti con il precedente decreto, introducendo altresì una più specifica normativa per definire gli strumenti di determinazione dei compensi dell’avvocato.

Cosa sono i parametri

La caratteristica dei parametri per la definizione dei compensi degli avvocati è quella di non essere obbligatori ma meramente orientativi. Si tratta di indici numerici di cui il giudice terrà conto, per determinare il compenso degli avvocati, ma sempre assieme alla presenza “delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”.

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Casi particolari: le società professionali e i giudizi non compiuti

Se l’incarico è stato conferito ad una società di avvocati, il compenso da applicare è pari a quello che spetterebbe ad un solo professionista, anche se la prestazione è svolta da più soci.
Poiché ogni avvocato ha diritto al compenso per l’attività svolta, il legale dovrà ricevere quanto gli spetta anche nei casi in cui i giudizi iniziati non siano compiuti. In tale frangente, la determinazione della equa remunerazione deve tener conto della prestazione effettivamente svolta fino alla cessazione, per qualsiasi causa, del rapporto professionale.

La soccombenza qualificata

Secondo il concetto della soccombenza qualificata, l’avvocato che nel corso del giudizio riesce a far emergere l’evidente fondatezza della propria pretesa nei confronti della controparte gode di un incremento del compenso.

Praticanti, arbitrati e trasferte

Di contro, per i praticanti avvocati abilitati al patrocinio il regolamento prevede (senza che ciò abbia carattere vincolante) un compenso pari alla metà di quello riservato all’avvocato. Tabelle ad hoc allegate al regolamento fissano invece i parametri numerici su cui fondare il compenso per gli avvocati che agiscono nei procedimenti arbitrali, mentre chi svolge attività legale fuori dalla sede in cui lo fa prevalentemente si vede riconosciuto il diritto al rimborso spese e ad una indennità.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore

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