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Niente di buono sul fronte dei consumi. L’Istat ha confermato che le vendite al dettaglio hanno subito una flessione del 2.1% dal 2012. Un calo che non ha risparmiato nemmeno il settore alimentare, dove il -1.1% evidenziato si è rivelato il dato peggiore dal 2009.
I numeri della crisi dei consumi
La situazione non è rosea, e basta guardare alle percentuali delle vendite da dicembre 2013 in poi per capirlo. Sotto Natale dello scorso anno, e rispetto allo stesso periodo del 2012, le vendite si sono infatti contratte del -2.6%. E se a gennaio, secondo l’osservatorio Centromarca-Iri, si è registrata una stabilizzazione delle vendite, il dato non è che il segnale di quello che il presidente di Coop Italia Marco Pedroni ha definito un “rallentamento della caduta”. A febbraio, poi, l’abbassamento del clima di fiducia dei consumatori (calato da 98 a 97.51 secondo l’Istat), è sintomatico di quanto ci sarà da costruire per avviare una vera e propria ripresa.
[b_sic_equitalia]I prodotti a rischio
La crisi si è fatta sentire in tutti i settori. Il 2013 ha visto aumentare le vendite solo per i discount alimentari (+1.6%), creando un effetto domino in negativo sull’industria di marca, che ha dovuto spingere più sulle promozioni e meno sugli investimenti pubblicitari. Grande e piccola distribuzione hanno entrambe perso terreno, la prima di quasi mezzo punto e la seconda di tre.
I prodotti che sono usciti con le ossa più rotte dal 2013 sono stati quelli no food. In testa alla lista nera, cartoleria, libri e giornali (con oltre il 4% del calo), calzature e mobili (più del 3%) e abbigliamento (2.4%). Ma la classifica è arrivata ad annoverare anche medicinali (-2.4%) e giocattoli (-2.9%).
Secondo Confcommercio non ci sono dubbi. Una ripresa veramente solida potrà partire solo ed esclusivamente se il governo darà priorità alla riduzione del carico fiscale su imprese e famiglie.
Simona Di Michele
Fonti Il Sole 24 Ore, Istat