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[dropcap]A[/dropcap]mmontano a 123 milioni le rendite catastali in più nella capitale. Il fisco ha portato a termine anche a Roma un’operazione di rivalutazione degli immobili che, avviata nel 2010 sulla base del comma 335 della finanziaria 2005, è riuscita a dare un forte contributo alla lotta contro le sperequazioni immobiliari. Il successo dell’esperimento romano potrebbe incentivare la riforma del catasto in tempi brevi, e portare più di 100 milioni all’anno tra Imu e Tasi.
Operazione comma 335
[custom_frame_left shadow=”on”] [/custom_frame_left]Circa nove anni fa i comuni avevano due opzioni per rivalutare gli immobili: scegliere se revisionare per intere microzone cittadine, o per singole unità immobiliari. Questa seconda strada, battuta da molti comuni ma non da Roma e Milano, prevedeva la rilevazione delle case in cui erano state apportate delle variazioni catastali che, di regola, avrebbero dovuto comportare passaggi a categorie superiori, o almeno a classi più elevate. Roma e Milano, in tempi diversi, hanno optato per la rilevazione a livello di microzone. Finché nel 2010, per aggiornare i valori catastali delle circa 235mila unità immobiliari presenti nelle microzone del centro cittadino, il comune di Roma non ha deciso di sfruttare la possibilità, offerta al comma 335 della finanziaria 2005, di revisionare le unità immobiliari dove la discrepanza tra i valori catastali e quelli di mercato era più significativa. Secondo quanto confermato dal vicedirettore delle entrate Gabriella Alemanno, l’identificazione delle microzone sospette è stata effettuata sulla base dell’analisi del valore catastale medio ai fini Ici per un certo tipo di immobile (abitazione, ufficio, negozio) nell’intero comune, lo stesso valore nella singola microzona, quello di mercato medio nel comune e infine il valore di mercato medio nella microzona. I dati sui valori catastali sono stati tratti dagli archivi informatici del territorio, mentre la fonte dei dati per i valori di mercato è stata l’osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio (Omi).
L’esito dell’operazione, che ha portato alla luce numerose sperequazioni delle rendite catastali perpetrate per anni dai contribuenti più furbi, nella maggior parte dei casi ha portato ad una maggiorazione della rendita catastale, facendo sparire le A5 (ultrapopolari), diminuendo le A4 (popolari) e le A3 (economiche), con passaggi alla categoria superiore ed in alcuni casi anche alla massima, la A1 (signorili), con una rendita molto più vicina ai valori reali. Tutte le anomalie sono state insomma visionate al microscopio, e per il 5% circa qualcuno è stato persino beneficiato di una riduzione della rendita. Adesso l’incremento delle rendite catastali per 175mila proprietari di case, negozi e uffici in centro a Roma verrà notificato tramite avvisi di accertamento che saranno pienamente efficaci dal 1 gennaio 2014 e che, come ha specificato Alemanno:
“non hanno effetto retroattivo.
L’aspetto più interessante – ha proseguito il vicedirettore – è che è stato fatto un lavoro molto puntuale dai tecnici dell’ufficio di Roma, con sopralluogo esterno su ogni fabbricato e verificando poi le singole planimetrie”.
I casi precedenti all’esperimento romano
[custom_frame_left shadow=”on”] [/custom_frame_left]L’applicazione del comma 335 era già stata effettuata in altri comuni italiani, tra cui Bari, Lecce, Ferrara, Perugia, una decina di centri minori, e Milano, dove i primi accertamenti sono stati notificati a fine 2008. Nel capoluogo lombardo l’operazione ha interessato quattro microzone del centro storico (circa 30mila unità immobiliari totali), comportando un incremento di rendite catastali pari a 43.7 milioni. La città del nord ha fatto registrare il più alto tasso di aumento medio delle rendite: se a Roma si superano di poco i 700 euro, negli altri centri l’aumento medio oscilla tra i 100 e i 200 euro. I comuni che hanno le caratteristiche ‘adatte’ per ricevere lo stesso trattamento dell’esperimento romano sono ancora 370, dove però pare sia più battuta la strada dell’aumento delle aliquote Imu e Tasi che non la rilevazione su chi non ha avuto l’attribuzione di un valore fiscale effettivamente corrispondente al proprio immobile.
[one_fourth]PROCEDURE
[custom_list style=”list-6″]- Il contribuente ha 60 giorni di tempo dalla notifica per ricorrere contro l’attribuzione dei nuovi valori.
Cosa può fare il contribuente
[three_fourth_last]L’operazione romana ha evidenziato quanto molti contribuenti hanno preferito negli anni non comunicare al catasto variazioni all’immobile che avrebbero potuto portare ad aumenti della rendita catastale. D’altra parte non sono mancati ricorsi degli stessi cittadini alla commissione tributaria provinciale e poi regionale per impugnare la notifica degli accertamenti. E se nella sola Milano la vittoria è andata all’amministrazione in nove casi su dieci, un contribuente che ritiene ingiusto l’aumento della rendita catastale notificatogli non può far altro che affidarsi allo strumento del ricorso. A Roma, gli uffici hanno preferito dividere le notifiche da qui alla fine del 2013 per evitare di congestionare gli uffici e offrire assistenza ai cittadini che chiederanno chiarimenti. Le nuove rendite, però, sono già tutte registrate in catasto. Chi volesse controllare la propria posizione può farlo dunque con una semplice visura, a seguito della quale potrà decidere se accettare i nuovi valori, o ricorrere al tribunale.
[/three_fourth_last]Simona Di Michele
Fonti Il Sole 24 Ore