Fabbricati demoliti, la rendita catastale non si azzera
Attualmente è molto difficile che, a fronte di un[textmarker color=”C24000″] intervento edilizio[/textmarker] (demolizione compresa), il catasto riconosca il declassamento ed elimini il valore della rendita catastale su cui pagare le tasse.
Il passaggio alla categoria F2 (fabbricato collabente, ossia senza rendita catastale) è infatti ipotizzabile solo se l’immobile ad uso abitativo o produttivo è a forte rischio di crollo accidentale, calamità naturale, degrado, o qualsiasi stato di pericolo così evidente da richiedere interventi di vera e propria ristrutturazione, e non di semplice manutenzione. Non è detto, tra l’altro, che il catasto avvii sicuramente l’accertamento. Anzitutto, perché ciò avvenga è necessario che oltre alla dichiarazione in catasto si presenti una perizia tecnica attestante lo stato dell’immobile. Poi, laddove si riuscisse comunque ad ottenere il parere favorevole dell’agenzia delle entrate, è possibile che il [textmarker color=”C24000″]comune [/textmarker]dove ha sede l’immobile non contempli l’azzeramento della rendita, ma per i fabbricati collabenti richieda comunque il pagamento di tasse sul valore dell’area edificabile.
Catasto, quando si abbassa il valore della rendita catastale
Già tanto sarebbe ottenere, con la normativa odierna, il parere favorevole del catasto su un’attribuzione di rendita catastale ridotta rispetto a quella iniziale.
Nello specifico, i [textmarker color=”C24000″]fabbricati inagibili o inabitabili [/textmarker](dunque non utilizzati) possono essere oggetto di una riduzione della base imponibile del 50%, ma solo per il periodo dell’anno nel quale le condizioni di inagibilità o inabilità siano vigenti. Per accertare ciò, il proprietario può fare una dichiarazione sostitutiva (per evitare di pagare a sue spese la perizia dell’ufficio tecnico comunale) e allegarla alla documentazione da presentare in catasto.
Riforma del catasto in arrivo
La riforma del catasto, i cui effetti si capiranno concretamente a partire dal prossimo decreto sui criteri per valutare gli estimi, mira ad eliminare due paradossi. Il primo si verifica nei casi in cui il valore di mercato di due immobili con pari rendita catastale è più alto in una città rispetto che in un’altra. Il secondo concerne il fatto che, in una stessa città, immobili appartenenti a categorie catastali molto diverse tra loro abbiano lo stesso prezzo di mercato.
Rendita catastale a rischio rincaro
Si spera che la riforma del catasto riesca a sciogliere anche un terzo nodo, quello dell’aggiornamento dell’accatastamento, fermo ai primordiali anni ’30-’40.
Da una statistica dell’associazione dei geometri fiscalisti (Agefis) è emerso infatti che, a confronto con quelli del nord, nei capoluoghi del sud Italia le [textmarker color=”C24000″]case di categoria catastale bassa[/textmarker] – ovvero le popolari A4 e le ultrapopolari A5 – sono molto più presenti rispetto al totale. La media, in tutte le città, è sempre appannaggio delle categorie catastali intermedie (le A2 e le A3), ma nei centri dove le abitazioni più ‘povere’ proliferano si fa più alto il rischio che, in virtù della riforma degli estimi (e dunque del riallineamento del valore fiscale dell’immobile), l’abitazione popolare ‘salga’ di valore diventando più tassabile.
Fonti Il Sole 24 Ore
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