Tari, la tassa sui rifiuti è più cara della Tasi

Tari più salata della Tasi

La Tari, ovvero l’imposta sui rifiuti che insieme alla Tasi forma la cosiddetta imposta unica comunale (Iuc), rischia di essere più cara della tassa sui servizi indivisibili.
Il bollettino precompilato che arriva direttamente a casa dei contribuenti tocca infatti cifre medie annue di 342 euro, con picchi che in alcune città italiane vedono il tributo per la raccolta e lo smaltimento della spazzatura triplicarsi o quadruplicarsi rispetto alla percentuale degli altri comuni.

Tari, quando e quanto si paga per i rifiuti

La Tari va pagata in base alle date stabilite dai singoli comuni. Il costo, per una famiglia con tre persone residente in una casa medio grande, può oscillare su base annua dai 118 euro di Oristano ai 482 euro di Napoli. Un dato che fa registrare un [textmarker color=”C24000″]aumento medio del prelievo[/textmarker], negli ultimi quattro anni, pari al 12-13%, con punte del 25% per le famiglie più numerose.

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Cosa determina il costo della Tari

Ad incidere sull’aumento della Tari concorre più di un fattore. A partire dalla mancanza di criteri di misurazione specifici per calcolare con precisione la quantità di rifiuti prodotti, che ha costretto molti comuni a parametrare il prelievo sul numero degli occupanti dell’immobile. E le differenze di tariffa, da comune a comune, si fanno sentire. A Cremona, ad esempio, la spesa a metro quadro per una famiglia di cinque persone è superiore dell’80% rispetto a quella che, a parità di metratura, spetta a chi è single.

Inefficienza ed inadempienza rendono la Tari più cara

A penalizzare sono anche i costi del servizio, che variano di molto da comune a comune per via della maggiore o minore inefficienza dei servizi di raccolta. Nelle città prive di discariche o impianti adeguati, le famiglie tendono così a pagare di più.
Infine, a far aumentare il costo della Tari ci si mette l’alto numero di inadempienti. La percentuale di chi non paga la Tari, infatti, arriva a toccare cifre così alte da costringere, per ‘colmare’ la lacuna, a rifarsi sugli altri contribuenti.

Fonti Il Sole 24 Ore

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