Fisco, scattano i controlli su spese e conti correnti

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Indagini finanziarie e liste selettive dei contribuenti a rischio evasione. Sono questi i due strumenti principali con cui il fisco avvierà controlli più stringenti a partire dai dati sui contribuenti che gli operatori finanziari dovranno trasferire all’anagrafe dei rapporti entro il 31 gennaio 2014. Le liste saranno utili agli uffici centrali dell’Agenzia delle Entrate per effettuare mirate analisi del rischio. Le indagini finanziarie, che potranno usufruire della presunzione di legge, verranno invece avviate a seguito di apposita procedura di autorizzazione sui contribuenti a rischio evasione. Questi ultimi, per difendersi dalle ‘pretese’ del fisco, dovranno utilizzare i conti bancari in modo più disciplinato mantenendo, per esempio, una netta distinzione tra conti professionali e privati.

L’anagrafe dei conti

[custom_frame_left shadow=”on”] Anagrafe dei Conti[/custom_frame_left]

Si amplierà notevolmente, a partire dall’1 febbraio 2014, il ventaglio dei dati che andranno a rimpinguare l’archivio del fisco. Quando gli operatori finanziari termineranno, il 31 gennaio 2014, di inviare telematicamente i dati relativi al 2011, l’amministrazione avrà infatti a disposizione non più solo i rapporti finanziari dei contribuenti assoggettati a controllo con gli operatori, ma anche i movimenti e l’importo globale delle operazioni finanziarie dei singoli contribuenti. Per ogni anno, saranno disponibili i saldi iniziali e finali dei singoli rapporti, e per ogni rapporto i dati relativi agli importi totali delle movimentazioni in entrata ed in uscita, sempre su base annua. A partire da questa mole di informazioni, il fisco potrà stilare le liste selettive di soggetti a potenziale rischio evasione. Per questioni di tutela, i profili a rischio potranno essere analizzati e selezionati dall’unità di informazione finanziaria per l’Italia (Uif) solo per elaborare modelli rappresentativi di comportamenti anomali rilevanti ai fini della normativa antiriciclaggio e antiterrorismo, mentre per le vere e proprie indagini gli uffici saranno obbligati a fare apposita richiesta di autorizzazione.

Gestione e uso di conti correnti, contante e carte

La quantità (e qualità) di informazioni in più che il fisco avrà a disposizione nella nuova anagrafe obbliga i contribuenti a fare i conti con il proprio modo di gestire i movimenti finanziari in entrata ed in uscita. La possibilità per l’amministrazione di incrociare i dati fiscali e le risultanze patrimoniali con tante anomalie finanziarie (come l’uso ripetuto e ingiustificato di liquidità contante, o il ricorso a tecniche di frazionamento, o l’utilizzo di carte di pagamento non coerente con le ordinarie modalità operative), esponendo al rischio di controlli mirati, inciterà i contribuenti a razionalizzare l’uso dei conti correnti. In particolar modo, sarà più conveniente per tutti ricorrere maggiormente a strumenti di pagamento tracciabili quali carte di credito, di debito, bonifici, assegni, bancomat. La riduzione a 999.99 euro del limite per l’uso del contante agevolerà ulteriormente questa strada.

La prova è del contribuente

Nel momento in cui l’amministrazione, ottenuta l’autorizzazione, avvierà un’indagine finanziaria sui movimenti dei conti correnti per controllare se c’è stata evasione, spetterà al contribuente dare prova della provenienza dei versamenti, del beneficiario dei prelevamenti, e della causale dei movimenti extra conto. In assenza di prova valida, tanto i versamenti non giustificati quanto i prelevamenti diventano materia imponibile. Per prova valida si intende che il soggetto deve dimostrare, in modo analitico e non generico, che ogni operazione è estranea a fatti imponibili e che i redditi dichiarati sono compatibili con il tenore di vita desumibile dalle movimentazioni bancarie. Per farlo, il soggetto deve corredare la giustificazione con idonea documentazione “da cui risulti con certezza l’assoluta irrilevanza fiscale delle risultanze dei conti”. La parola chiave, dunque, torna ad essere la tracciabilità. Un simile onere probatorio, più agevole per un’impresa visto che i dati dovrebbero confluire in contabilità, diventa difficile nel caso di privati, poiché non sempre si conserva dopo anni copia dell’assegno, della fattura o di altra documentazione inerente un viaggio, o l’acquisto di un gioiello, o degli alimenti. Stesso problema per le movimentazioni extra conto (cambi assegni, bonifici effettuati con versamento diretto, bollettini postali), eseguite dal contribuente senza il passaggio su un conto corrente, e di natura prevalentemente privata e personale (si pensi alle tasse universitarie o agli acquisti per corrispondenza).Il controllo sui conti correnti può venir esteso a tutti i rapporti nei quali il soggetto è diretto intestatario, cointestatario o delegato. Ma è anche prevista la possibilità – previa motivazione da parte del fisco – di richiedere la documentazione bancaria di soggetti terzi rispetto al contribuente. Il che significa che potranno essere setacciati anche il conto corrente del coniuge, di un parente, di un socio della società, o addirittura di un dipendente, qualora l’amministrazione sospetti che vi sia stata un’interposizione fittizia. Sui soggetti terzi, comunque, le interpretazioni della cassazione sono duplici. Un filone interpretativo riconosce che il solo vincolo coniugale o familiare con il contribuente, o con l’amministratore della società a ristretta base familiare, sarebbe sufficiente ad estendere il controllo bancario in quanto “rappresenta un espediente normale l’intestazione a nome del coniuge di un conto corrente quando il contribuente sia soggetto a verifiche fiscali”. Una seconda linea di orientamento – che rispecchia anche la soluzione più equa e coerente – ritiene invece necessario che il fisco, prima del controllo, provi che i conti intestati a terzi siano effettivamente usati nell’ambito dell’attività del contribuente oggetto di accertamento.
Per la propria difesa, infine, il contribuente che apre un contraddittorio può far valere le dichiarazioni di terzi quali elementi indiziari nel processo tributario. Dichiarazioni che potrebbero essere rafforzate richiedendo il riscontro al giudice, anche con apposito incarico di raccolta da conferire alla guardia di finanza.

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Gli accertamenti

[custom_frame_left shadow=”on”] Indagine finanziaria[/custom_frame_left]

Due i tipi di accertamenti che l’amministrazione può scegliere di adottare: quello sintetico, di carattere globale, che prende in esame l’intera posizione reddituale del contribuente quando tale posizione è sostanzialmente conclusa; quello parziale, relativo alle singole categorie reddituali, che prevede la possibilità per l’amministrazione di operare rettifiche anche in assenza di nuovi ulteriori elementi.
Della prima categoria fa parte il redditometro, che individua il reddito complessivo del contribuente, impedendo in tal modo all’ufficio di applicare altre presunzioni reddituali come quelle degli studi di settore e delle indagini finanziarie. Queste ultime – che fanno parte del gruppo degli accertamenti analitici – sono maggiormente utili laddove sussistano elementi d’incoerenza, quando il contribuente non risponde all’invito a comparire e dunque non fornisce le giustificazioni richieste, o in sostanza quando fra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile al contribuente c’è uno scarto significativo.
Ulteriore strumento di accertamento analitico è quello degli studi di settore che, basati su complessi algoritmi e formule matematiche, si riferiscono a specifiche categorie reddituali (d’impresa o lavoro autonomo). Rispetto alle indagini finanziarie, più utili nel caso in cui la posizione del soggetto accertato è altamente poco attendibile, lo studio di settore consente di intercettare con facilità una presunta evasione laddove la posizione di un’impresa o di un professionista non presenta gravi criticità.

Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore