Aumenti Tasi e Tari, coinvolte anche le imprese

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La questione Tari per le imprese

La tassa sui rifiuti per le aziende si era rivelata un’incognita fin dalla legge di stabilità. Poiché infatti parte dei rifiuti prodotti da operatori commerciali e imprese viene smaltito direttamente da loro, senza passare per i servizi locali di igiene urbana, ci si chiedeva se fosse corretto far pagare un servizio che non veniva utilizzato. La legge di stabilità, a tal proposito, prevedeva due soluzioni, ovvero l’esenzione totale dell’imposta o possibili sconti da parte dei comuni. E poiché il decreto salva Roma ter non può prevedere ulteriori agevolazioni per un’esenzione completa,  si è optato per la seconda ipotesi.
Ogni comune, dunque, potrà autonomamente decidere l’entità degli sconti da applicare, lasciando inalterati calendari e metodi di pagamento, oltre che la modalità di calcolo della superficie interessata, fondata sulle tradizionali dichiarazioni.

Rischio aumento per la Tasi

Le imprese dovranno affrontare anche un altro ostacolo, quello del carico fiscale Tasi che graverà maggiormente su di loro (in media del 3% in più) a seguito dell’abbassamento dal 30 al 20% della quota Imu detraibile dall’imponibile nelle imposte sui redditi. Il nuovo tributo sui servizi indivisibili, inoltre, prevedendo un’aliquota standard dell’1 per mille, può far arrivare la somma di Imu e Tasi all’11.4 per mille, cioè oltre il tetto massimo del 10.6 per mille previsto lo scorso anno. Le aziende potranno scongiurare tale aggravio solo nei comuni dove si applicherà la Tasi esclusivamente sulla prima casa.

La questione della super Tasi

A complicare ulteriormente il quadro ci si mette il fatto che rimane ancora incerto il destino del gettito proveniente dall’aliquota aggiuntiva dello 0.8 per mille. Resta infatti esclusa la possibilità che gli importi così ottenuti vadano a finanziare integralmente le detrazioni, e dunque gli sconti, sull’abitazione principale. Un dato di fatto che rischia di alzare ancora l’aggravio fiscale per seconde case, negozi, imprese, senza contare la maggiorazione che peserà sulle abitazioni principali di valore fiscale medio basso che si ritroveranno a pagare una Tasi superiore alla vecchia Imu.

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La tempistica

Tutto da decidere, dunque. E tempo ce n’è fino al 31 luglio, data scelta a seguito dell’approvazione degli emendamenti al salva Roma ter per chiudere bilanci, preventivi e delibere tributarie nei comuni.
Un rinvio che, come per l’Imu 2012, potrebbe far pagare l’acconto Tasi il 16 giugno sulla base dei parametri standard fissati dalla legge, ed il saldo il 16 dicembre, con conguaglio misurato dalle aliquote locali. Il discorso esclude però le abitazioni principali, per le quali nei comuni dove non si decideranno le aliquote entro maggio si dovrà pagare tutto a dicembre, mettendo nel sacco i proprietari di altri immobili. L’aliquota standard, infatti, chiede l’1 per mille a tutti, ma in tanti comuni i sindaci non potranno (perché l’Imu è già al 10.6 per mille) o non vorranno applicare la Tasi, per cui milioni di contribuenti si adopereranno a giugno per un versamento che dovrà esser loro restituito. Stessa storia per i comuni che su tali immobili applicheranno solo l’aliquota aggiuntiva dello 0.8 per mille: l’acconto all’1 per mille chiederebbe soldi in più, anch’essi da restituire.

 Simona Di Michele

Fonti Il Sole 24 Ore